(Da pag. 56 a pag. 67)
Del’alto edificio et illustre acrescimento cum ogni prestantia e splendido ornamento hai facto con spesa de uno monte d’oro al magnificentissimo palacio de Belriguardo, lontano da Ferrara diece milia, (36) me conviene in gloria del tua ducal magnificentia narrare alquanto, per essere dal illustre fama del bellecia de quello assalito, retrovandomi li presso quatro milia in la villa de Porto di Roto molto honorato dal tuo vero gentilhomo de non poca bonitade e prestancia da animo, Hectore dal Sacrato, famiglia quanto altra dela cità de Ferrara clarissima et de richeze abondante, nela sua egregia habitatione posta in loco vago et aprico sopra bella e fertile possessione. Di che adcompagnato (42v) da lui con molta affabilitate e dal suo affine et charo compagno Ioanne Maria Trotto, homo veramente generoso et de amicicia vago, et da Raynaldo Catto, huomo dilectoso de morale lectura, che in via ad noi se pose chè mai questo palacio veduto havea per essere molti anni absente dala patria cavaliero d’arme stato. (37) Et come gentilhomini avidi deli tuoi honori et laude e delo effecto del mio disio lieti, andai ad vedere el famoso palazo. Al quale giunto, mirai la sua magnitudine e la bella e fertile planicie dive è situato. Mirai li belli e molti camini che se vedono in alto sopra il cospecto del palazo, che parono fioroni di geme ligate: a mi parve cossa miranda e de singulare ioconditate. Se suole dire che la presentia dele cose laudate diminuiscono de quelle la fama. Non voglio dire quella diminuisca per la presentia, ma ben scrivo che non è da maravigliare se del (43r) splendore de tanto palazo ala foresta ad gloria dela tua ducal magnificentia ne parla tutto il mondo.
Mirai la sua alta pariete coronata de merli pincti al’arme e divisie ducale et con anelle ferree poste al conveniente luoco e con justa misura, trovai lunga trecento octanta tri passi a punto, et havendo la strata avanti larga passi quarantasei. Al cui lato è una peschiera più larga, ma lunga quanto è la largheza del palazo, che sopra le ripe glie sono fioppe overo populi alte e dense, che non poco fia dilectoso vedere, le quale per la sua altecia con resistenza toleno al’andito li acuti ragi de Apollo. (38) Questa peschiera sopra uno merlato ponte si passa in una longissima strata ricti come linea che hal’exito in li bellissimi prati de Gambalaga. (39) In opposito a questo ponte li è la magna porta del palazo, avanti la quale gli è uno coperto de pietra cotta voltato (43v) sopra quatro colomne, due de pietra cotta alato la porta e due di marmo bianco verso il ponte e con banche per sedere, e sotto la volta sopra la porta gli è la tua insignia ducale. (40) Sopra questo voltato coperto affixo nel muro gli è l’arma felice extense sculpta in marmo. Dentro ala porta sopra gli è voltato de pietra cotta anchora. E quanto è il quadro dela entrata sopra la volta li è tirato il muro, che fa una bella torre merlata che pare bella rocha, in cui sono due bellissime camere. Passiamo dentro in una grande logia, che ha quarantaocto colomne de cotta pietra con basse (sic = base) e capitelli de bianco marmo elaborati, et ha il cielo de belle tabule ornato a quadri de righe pincte. (41) Il cortile si è uno bel prato, nel cui mezo li è una via per donde si passa, de pietra cotta. A mano sinistra gli è la vinaria cella grande con quella delle legne, essendo lì etiam a questa mano egregia cancelleria. A mano destra (44r) li è la cochina ampla e bella con le sue comoditate, al cui lato gli è la barbaria molto ornata con picolo cortile, e poi presso la spenderia e la dispensa. (42) Intorno la logia, da tri lati, sono camere vinte septe con le sue servitrice guardacamere e cariole. Al conspecto del’entrata de questo prativo cortile gli è una alta pariete con uno bel pogiolo a colomnelle de bianco marmo e con finestre sei de archivolto de marmo e tutte vitriate. (43) Di sotto questo pogiolo gli è una bella porta, per cui si passa in una logia grande in forma de splendidissimo claustro. Questa logia del primo cortile se ha due scale di marmo, una ala sinistra mano e l’altra ala dextra. (44) Et avanti s’entri ad epsa dexstra scala dentro dala logia, lì sono per magnifica pompa de bianco marmo due bellissime colomne, le quali pareno piantate dal fortissimo figliuolo de Alcide, sopra la cui sono le tue arme sculpite. Et in cima (44v) gli è uno grande fiore in forma de pignia se ben presi. Intrato che fusseno dentro circa duo passi ad mano sinistra a lato la scala, ne trovamo uno salotto lungo passi XXXI et largo vintiuno, e lassando sotto la scala una bella camera passiamo in quella splendidissima logia ad modo di claustro larga undeci passi. Così presto come io lì giunsi, per maraviglia delo illustre vedere ali fianchi me posi le mane firmando gli occhii alquanto. Lì sono intorno intorno colomne trentasei di marmo senza quelle dali canti che sono de cotta petra, lungo dali altri duo lati, cioè il primo e l’opposito al’altro lato del cortile, ciascuno passi sexantatri, con camere quatordece et sue guardacamere. Nel mezo gli è uno bello e vago prato, nel cui mezio de belli marmi ornati de arme e divise tue ducale sculpte, li è bellissima e magna cisterna de tanta optima et chiara aqua capace che beveraria (45r) uno exsercito, coperta de uno egregio pavigl(i)one firmato sopra quatro colomne di marmo bianco laborato de ligname ingeniosamente de piombo coperto, havendo in cima uno aurato pomo in forma de uno bel fiore, che li duona molta gratia. (45) Quivi ala dextra mano gli è comodatissimamente posta una scala, per la cui ad cavallo se scende. Et ala dextra mano una cuchina e tre camere per li cuochi, con uno picolo cortile, sono in capo de questa logia. Passiamo ad sinistra mano in uno salotto lungo passi vintidui e tredeci lato. De quindi passiamo in una camera pincta ad homini sapienti, con brevi morali de singular sentencie e con la figura del’antiquo Hercule in campo verde, havendo questa camera lume per una finestra de ferro gabiata, guardante in uno grandissimo brolio de varii e diversi arbori fructiferi, clauso intorno de alto muro merlato de bianchi merli et con (45v) guardacamera la quale la il cielo de tabule picto gentilmente ad divisie Borsesche, havendo luce dal bel brolio per gabiata finestra dali cui lati se può sedere. Et ala sinistra mano lessi in antiche lettere in la pariete colorata de verde, facte credo con una punta de coltello da qualcheuno per maraviglia de tanto magnifico e commodato alhogiamento, come lo illustrissimo duca de Milano tuo figlio genero et il fortunatissimo principe Bentivoglio con alquanti suoi generosi citadini bolgnesi quivi del mille CCCCXCIII erano cum tua Excellantia alhogiati. (46) E per questa lhogia (= logia?) ad sinistra mano entramo in una anticamera che ha le pariete bianche, aluminata per tre gabiate finestre de ferro, due guardante nel lieto zardino secreto et per l’altra ala dextra mano sopra il brolio, e passamo in una grande camera prendendo lume da cinque gabiate (46r) finestre de ferro, tre poste sopra al secreto zardino e due sopra el brolio, e passiamo ala dirictura in due altre belle camere havendo gabiate finestre. Intramo anchora in una altra camera che ha iocunda luce per tre gabiate finestre sopra il comune zardino, due ala sinistra mano e l’altra ala dextra. De questa camera in una guardacamera si passa, per cui si va al bagnio dove è una lieta lozetta, et per quindi ale secrete stantie di sopra, egregiamente facte, se scende, che parono devoti oraculi. (47)
Retornati indrieto et queste terrene habitatione lassate che celeste se potrebbeno dire, ascendemo la prima scala, dove fuori al’entrata li sono piantate le Herculee colomne. La quale trovamo de quarantacinque gradi de bianco marmo con optimo possamento nel mezo et passi tri larga, havendo ala mano sinistra in lo montare (46v) per irparo XVII colomnelle de bianco marmo et essendoli dali lati facto di marmo polito adiumento per chi monta e descende adoperandosi con le mane. (48) E giunsemo ala logia sopra la inferiore tanto bella (conferma: loggia = porticato), longa passi octantatri, havendo questo lato vintecinque colomne de bianco marmo quadre e dali duo lati ciascuno ha colomne XVII quadre de simil marmo et longo passi sexantatri, e l’altro lato opposito de longheza come il primo passi actantatri, ma ha undece colomne tonde de marmo et largo incominciando dal muro dela grande sala passi nove. Sopra le quadre e tonde colomne li sono posti quadri marmorei in forma de travi, che fano fuori bella cornice elaborata, sopra la quale è tirato bel muro sino lal sumità del cuperto. E fra le colomne quadre due si e due none si è murato gentil muro, et quelle che sono aperte li sono de asse belle finestre per chiudere questa (47r) superiore logia che li venti le pioge e le nive dela hiemale stasone non ofendano la felicità dele belle habitazione. In capo a questa scala gli è una camera bianca con cielo tabulato, la quale prende grandioso lume per due egregie finestre poste sopra il zardino comune cinto de muro con bianchi merli penelati de rubeo con gratia assai. Di poi li è optimamente fuori una scala per la quale se descende ale inferiore cuchine, poi si va in quatro camere et in uno salotto a mano dextra se entra, lungo passi vintidui e duodeci largo, salicato a quadri de petra cotta come l’altre stantie, havendo due belle finestre sopra el grande brolio cinto de alte merlate mura. De questo salotto ala dextra mano passiamo in due camere con le sue liete servitrice, havendo ciascuna lume per due finestre sopra il zardino, poi ad sinistra mano in uno iocundo andito entramo, per cui pervenimo in una camera et sua (47v) guardacamera molto bella. A mano sinistra anchora li è uno picolino pogiolo sopra el cortile deli cuochi, che in capo ha una comodata camera. De questo salotto anchora passiamo in anticamera, poi in la camera e sua servitrice, tutte de candide pariete, havendo li cieli egregiamente tabulati. E del’anticamera se scende ale stantie dele robbe salvatrice con misura de optima architatura.
Usciti che fussimo fuori e sopra la logia retornati, voltandoci ala dextra mano circa nel mezo entrassimo in uno altro bellissimo salotto, longo passi vinti et quatordeci largo, con due camere et guardacamere, una da ogni canto, con due legiadre finestre sopra il brolio, havendo tutte il suo magnifico camino da foco. Dipoi di capo a questa parte de logia entramo in uno altro salotto longo passi vintitri e diece largo, perillustrato da quatro finestre poste sopra il brolio, due per la largheza nel (48r) mezo del quale gli è pomposo camino per foco, e due altre ala longheza al capo di sotto ala dextra mano. Quivi li vidi con lieto core la tua Excellentia effigiata spirante e naturale, con tutti li suoi curiali li quali cognobi ale loro effige et ali loro nomi che ivi sono scripti in romane lettere con le insignie loro ali piedi, che certo fia dilectevole veder. (49) E ala sinistra mano entramo in una anticamera in alto vaga, in cui sono dipinte le Sybille con loro scripte prophecie, et con alto et egregio capocielo sopra el lecto elaborato e pincto, e illuminata per gratiosa finestra sopra il brolio con laudabile misura, (50) De quindi passiamo in la iocundissima camera, in anchora vidi la tua Excellentia a cavallo triumphalmente, che pare l’anima havere adcompagnata dali gentili signori Sigismondo et Alberto tuoi amatissimi fratelli e dal preclaro Scipione Estense, Francesco de Ortona Maro (48v) degno neapolitano barone, Iacobo Trotto che da te gratissimo principe fue de cingne d’oro e de ducal auctorità tanto decorato, Bonifacio Bivilaqua conte e cavaliero a ti per sua prudentia fede et magnificentia tanto charo, Tho(m)mase Carazo(lo) clarissimo neapolitano, et di Tholemei Alberto magnifico conte, Alberto dala Sala gentilhomo de non poco valore, e di Carri Lodovico tuo physico prestantissimo che ala giornata se vendica podolirico honore, e Magone Albaresano homo certo de havere in compagnia charo. (51) Il camino vedemo pincto ad Pavigl(i)one de panno d’oro sopra l’arme et divise tue ducale, e due finestre facte sopra il brolio li donano felicissima luce. Poi in una altra passiamo, dove anchora con dolce piacere vidi la tua illustrissima signoria naturalmente depincta, torqueata d’oro, con ricchissima gema pendente al pecto et in la biretta grandissima e speciosissima margarita orientale et (49r) con una picola cintura de geme ala sinistra gamba de singulare valore, chiamata Impresa, dela quale fusti munificato dal Serenissimo Re de Anglia con una regale veste de sua Maiestate, dela cui munificentia in li solemni giorni in honore de tanto liberalissimo e munificentissimo Re te solevi ornare. Quivi lì sono anchora in tua compagnia effigiati, torqueati d’oro, alcuni altri curiali. (52) Li quali con tutti li altri toi spero, prendendo loro effectuale exemplo dal tua religione, che anchora come in terra te fano Honorata corte, in cielo deificatati (sic) resplendendo per promissi(o)ne de Dio, dele sancte opere optimo premiatore, te farano insieme cum li angeli illustre e beata corte. Poi ala directura de questa camera passiamo in uno magno salotto, longo passi trenta et tredice largo, con magnifico camino pincto ala tua gloriosa insignia. Et ha il cielo eminente pincto ad vaghe rose è (49v) illuminato per sei finestre vitriate, due grande et quatro picole di sopra, prendendo tutte luce sopra el secreto zardino ala dextra mano. (53)
In le pariete si vede con moralità singulare, sotto poetico velamento hystoriata con felicissima pictra, Psych celeste nympha, figlia de uno antiquo Re de Ionia e de tanta bellezza che Venere li era divenuta invidiosa, di che scongiurò il figlio Cupido ad farne vendecta. Vedesi el tribulato patre consultato dal Milesio oraculo expore la figlia con funebre pompa ad uno scopulo de uno arduo monte et de quivi Gephyro levarla de terra e portarla in herbosi lochi et boschi ombrosi, dove è uno palazo come questo de maravigl(i)osa belleza. (54) Di che Cupido volendo obedire li precepti materni fue preso dalo amore dela bellissima Psych. Et come nel nuptiale convito è servita dale Nymphe, essendo honorata dal choro deli canti dele sacre Muse; (50r) poi lei dal Nymphe nel coniugale lecto colocata ponendoseli a lato Cupido, Havendo a’ piedi del lecto deposto le sue arme, confortandola non havere timore delo oraculo che decto li havea lui essere mostro. Vedesi come la matina elle so leva e dale Nymphe sopra le parate mense portarli le vivande. Et come Zephiro ne porta le sorelle, le quale a lei pertanta sua felicità divenute invidiose, in modo pietosamente la persuadeno che più non iacia con quello amante, chè secondo lo oraculo de Apollo lui è uno serpente che la devorerà uno giorno. Vedesi lei per liberarsi da tanto periculo tenere in mano il coltello e la lucerna per troncarli el capo, ma subito da pietate vincta hebbe ale celeste carne de ociderlo se retene. Vedesi l’acesa lucerna havere con una ardente sentilla nel dextro humero ferito Cupido, per la cui ferita se vede svigliare et lei come smarita e pentuta de tanto errore, (50v) trhare dele possate arme uno strale et se istessa ferirse, dela cui ferita se vede exsire sangue che neturale pare, et oscurarlo in facia. Vede Alore via volare et Psych per doglia semiviva per tenerlo in terra getarsi e lui sopra uno alto cypresso volato poi vante al cielo si vede. Vedesi come lei anegare se vole, ma il pietoso Amore non volendo sì l’à trasportata al’altro lito sopra uno fiorito prato, e come quivi Panne rusticale idio la conforta. Vedesi per il maritimo ucello trovata Venere, natare al profondo Oceano e narrandoli dal’ardente sentilla la ferita del figl(i)uolo, et come in altra parte nel regno de una dele sorelle andata narrandoli la sua disaventura per lo iniquo consiglio. Cedesi come queste invide sorelle lacerate da’ saxi e cibo de diverse fiere. Vedesi Amore trovato Venere in mare in iocunda squadra de Nereyde e Nymphe, narrandoli el doloroso caso, et al letto (51r) suo si vede andare minaciandolo per torli l’arco, la pharetra et y strali, et de spenarli l’ale. E come la irata dea saputo el male del fig(i)uolo, se morde il dito minaciando lui che non havea obedito, e lei per non havere habiuto epso rispecto amando quella perché più de lei sua matra se estimava bella. Vedesi l’affannata Psych fugire e pervenuta al tempio de Ceres e de Iunone e da loro non potere essere salva lei si vede, poi sperando mercede giunta ala matre dea per amore del figl(i)uolo Cupido e de lei charo signore. Vedesi una dispietata scena haverla presa per le bionde trecie e menata ad Venere che crudelmente la batte e comel’ha posta a dipartire, avanti retornasse da cena, ogni sorte d’acanto, orzo, formento, miglio e vena in uno monte miste, et come ivi giunte de vedono onfinite formiche che hano ordinatamente scielte le misciute biade. E de questa fatica essendone sequito effecto, si vede haverla mandata intra altissime ripe (51v) de uno torente grande, dove sono pecore che hano la lana d’ora, la quale a lei dovesse portare. Vedesi come la mischinela se vole andare nel torente ad negare, essendo a lei opera inpossibile; ma una picola canna a lei pietosa disee come la cosa era periculosa per la ferocità deli animali, instruendola quello dovea fare ala sua salute: di che ad Venere si vede lei portare pieno il grembo d’oro. Vedesi come Venere piena de rabia essendo con effetto costei retornata et coma li dà una orna de cristallo che ad lei la porta del’aqua de Stigie, e come per obedire se vede lei giunta sopra asprissimo monte havendo quello de serpenti piene le ripe. Et vedendo epsa non potere sequire effecto, essersi posta in terra e dolersi con pietoso lamento de lachrime nagnato. Di che una aquila prende l’urna e piena dela Stigia aqua a le portata, epsa lieta ad Venere la (52r) porta, la quale anchora come disposta de farla perire la manda ad le Tartare regione che se facia a Proserpina dare delo unguento da fare bella, in uno vasiculo. Se vede la mischinella, per essere a lei questo aspro et gravoso, salita sopra una lata torre per getarsi gioso. Che facto l’haverebbe se una voce dela torre non fusse uscita, che la riprese instruendola ad fugire le parate insidie de Venere, come ala Cedemonia cità de Archadia li è uno vicino loco chiamato Tenaro, adita ale palude Stygie. Vedesi come andando ad l’infernale regno trova uno con asino zoppo e giunta si vede ad uno canuto vecchio che passa ad precio morti, poi presso si vede uno altro vechio passare sencia farli mora, come instructa dala voce dela torre per sua salute. Se vede lei con Pane placare Cerbaro latrante, poi entrata nela infernale corte et apresentarsi ad (52v) Proserpina, e poi adrieto retornando e come disiosa apre el vetato vasiculo delo unguento e, come subito ocupata per tal modo de sunifaro Stygio, che epsa si vece havere ogni senso perduto. E come alhora Cupido, non potendo più oltra tollerare la diutina absentia dela sua chara psych, de una saeta la punge per non lassarla perire. Non altrimenti faciamo noi, getando aqua fredda nel volto deli tramortiti per revocarli li smarriti spiriti. Poi Iove in concistoro per fare el figl(i)olo filice sposo dela bella Nympha tribulata tanto e con gratia de Venere, e come Mercurio l’ha menata in cielo celebrandase le nuptie. Et vedesi lei stare fra i dii ala celeste cena, dove sono tutti li dii: Ganimede, Hymeneo e Bacho, molto lieto legiadro e rubicondo con girlanda de vite in campo (sic = capo) che in acto egregio li poculi ali altri dispensa et in tanta felicitate, che io non sciò se Prothegine quando la ymago de epso Bacho pinse, che (53r) altro mangiò che lupini aciò li sentimenti dala dolcecia dela pictura ocupati non fusseno, fusse come questa de tanta vaghecia. Lì è Vulcano anchora, che cura le vivande, e le Hore adornano le cose con celesti fiori, et le Gratie spandeno odoriferi opobalsemi. Lì sono anchora le Muse con el biondo Apollo cantando, e Venere al suave suono con le Muse danzare, e Sathyro e Panisco si vedono sonare le zampognie, tutte le dee danzando. E poi si vede Psych del suo maturo parto havere parturita vaga figlia nominata Voluptate, fructo del misero mondo. Questi accidenti et acti de morale amore, pieni de singulari sentimenti, sono effigiati con tanta felkicitate che Parasio il quale pictura del velo sopra l’uva vinse Zeusis, basterebbe fusseno de loro mane non che de mane de optimo pictore ferrariense che tanta morale cosa pinse secondo la tua ducal instructione, ingegniosissimo (53v) principe mio charo. (55) Di anchora tanta beata cosa in legiadro e dolce verso materno Nicolao da Coregio, signore claro e facundo e d’arme valido huo(m0) ha depincto, secondo Apoleio auctore prestante scrive.
Per questo iocundissimo e felice salotto entramo in secrete stanze molto belle, e de quivi partitosi ne andamo in la magna sala, la quale ha alto cielo conveniente ala sua grandecia, tabulato con assai prestantia, lomga passi octantatri e de latitudine passi vintiuno, essendo luminata per quindeci finestre dopie vitriate con rete di rame. Et ha uno pogiolo de colomnelle de bianco marmo, che guarda sopra il primo cortile del’entrata del palazo che decto habiamo. Et in la pariete prima gli è loco deli sonatori quando in la sala triumphi se fano. (56) In capo de quella ad sinistra mano li sono due belle camere con loro guardacamere. (54r) Et ad questa sala per le due narrate scale marmoree con gratia se scende. Ogni loco a mi pare certo non potere narrare, retrovandomi ocupata la memoria de tanta varietade de stantie et sue legiadrie tutte lustrate de vitrie finestre de singulare belleza e magnifica pompa e tutte ornate e folcite de pomposi lecti, che honorarebbeno li triumphi de Hymeneo nuptiale idio. (57). La habitatione del castaldo a lato il palazo è molto civile, con le vitriate finestre ale stantie. Et ha grandissima aia, dove se trita il grano dele possessione intorno, chiusa de bel muro con li merli bianchi. Alato anchora de sopra al palazo le è facto gentil habitatione picola, dove dimora lo ortolano, per la cui passa in lo grandissimo zardino ad laborarlo. (58) Quello è molto vago de fructi, de herbe odorifere e piante per le domestiche vivande e de rose, viole et altri fiori belli, germinando ali congrui tempi. Certo pare (54v) che ogni herba e ogni pianta per la dignità de questo zardino sia da questo ortolano curata con gratia e consiglio de Pomona ortiva dea. Lì sono s(t)abuli per cavalli circa cinquecento, dele cui una li è de poste per duecentocinquanta cavalli, che fia superbo vedere. Quando in alto per le finestre se mira intorno intorno questo illustre palazo, demostra habitatione de singular splendore e magnificentia. Ello si vede situato in bellissima planicie, nel mezo de uno quadro de possessione con felicità cultivate, le quali hano le più iocunde braglie del mondo, havendo senza altra sorte de arbori opii tondi in cima come cerchii pressi e distanti a misura, sopra quali pendeno ad sxesto optime e abondanti vite, tutti posti per recta linea quanto porta quasi l’ochio humano. Mai credo si vedesseno possessione de più felicitate sotto temperati cieli. Et presso quelle alato il brolio, lì sono campagne prative del divo Antonio confinante con Garbana venendo (55r) al divo Bartholo presso Ferrara duo miglia. Dal’altro lato verso l’entrata del palacio, lì sono li prenarati prati de Gambalaga et del maxi de Iacobo sancto, luoghi e campagne ali congrui tempi comodissime de prendere solacio e piacere regale de ucellare ad sparvieri, a falconi et ad venatione con veltri e pardi. Et vedendosi lo brolio con li posti fructari ad sexto et il grande zardino l’uno e l’altro chiusi de alte e belle mura con li suoi bianchi merli e de rosso colore penelati, che parono grandissime castella de non poca belleza et con molta gratia che li duona lemolte gabiate finestre de ferro havendo le vitriate, che infra il zardino, il broli et il circuito del palazo se gira intorno quasi, credo, più de uno miglio. Non è da maravigliare se per la illustre fama de tanto tuo palazo, magnificentissimo signor mio, multi alienizani sino de lontane parte vengono advederlo. Quale veduto se parteno de singulare admiratione pieni e con (55v) leticia degl’occhi pregni, dicenti che mai ne vederono né credeno vedere giamai ala forestahabitatione de più splendore né de più maravigliosa belleza né con più bella architatura che mai per arte de ingegno si possa fanricare. Ma io dico che più li sarebbe stato caso stupenda se li havessimo veduti comegià se li vede quatro principi con loro comitive in uno medesimo tempo, senza impedimento l’uno de l’altro alhogiati. Onde meritamente è questo palazo Belreguardo nuncupato, perchè gl’occhii humani quanto più ello guardano, tanto più restano flagranti de guardare et reguardare la sua magna belleza, di che doctamente essendo conuincto lo adiectivo con verbo è decto Belreguardo. (59)
Deli altri luochi et habitationi del tuo ducal stato pretermite(re)mo, li quali hai senza parsimonia elaborati, come hai ala prisca casa de Comachio, a cui hai donato optimo ornamento de (56r) sale, salotti, camere et guardacamere e lochi eminenti, per donde con dilecto se mira il mare et la vicina terra et il dense e grande bosco habitato da cinghiari, lepore et caprioli, quando ivi te rovi al piacere de’ pescanti li maritimi pescii, per usarne de quilli, ali ordinati tempi, munificentia ali servi et serve del summo principe Dio ete ali tuoi domestici et familiari amici. Pretermiteremo anchora la tua illustre commendatione de magnificentia per la grandissima valle e de aqua profonda, la quale hai con grande arte desicata, in cui con admiratione già uno fertile paese de belle poessione si vede, per le quale li toi crescenti populi non puono più de penuria temere. (60) Di che non sei de minori fama eterna che ‘l forte Hercule antiquo ornato dele illustre fatiche, che consumoe col fuoco quella palude in Grecia chiamata Ydra, che parea come in uno loco l’aqua levava, in uno altro quella (56v) habundantemente oriva, et come tanta fatica moralmente è affigura(ta) in uno serpente chiamato Ydra, con septe capi, che come uno de quilli Hercule con la clave occideva, tre glie ne nascevano, onde col foco a lui, come sai, fue forza levarla de terra. E tu, moralissimo principe, questo Ydra serpente l’hai nel foco posto nella tua richa e bella numisma d’auro, degna di comendatione. (61) Ma presso el narrato splendore del palazo de Belreguardo non me posso contenere per leticia dela mente, pe’ la recevuta iocundità degl’ochii, non expona la felicità del tuo palazo de Belfiore, edificato dala magnifica memoria de Alberto Marchese Estense, tuo avo, pprincipe nobilissimo, che hai aptato, reducto e tutto reformato ingeniosissimamente quanto se possa desiderare. (62) Là dove ala calda stasone spesso te reduci per refrigerarti del’aura suave che ivi recente viene, essendo lì ere mite e temperato. Da conservar lieta e convalescente l’humana vita. (57r)
Note al testo
34) – Agostino Villa fu uno dei cortigiani più fidati di Ercole. Prestò servizio come ambasciatore presso Carlo VII a Napoli nel 1496.Il 6 Aprile 1496 venne nominato capitano del Castel Nuovo a Ferrara. Per cui il tour guidato di Sabadino attraverso il castello non può aver preceduto questa data.
35) – Leonardo Novello, “un leguleio molto colto”, rimane una figura oscura. Ma i Novelli erano una importante famiglia Ferrarese, e Biagio Novello fu vescovo di Adria e anche uno dei consiglieri segreti di Borso. Leonardo evidentemente fu per Sabadino un utile informatore sul ruolo di Ercole come patrono della nuova ricostituzione di Ferrara.
36) – Belriguardo è appena fuori il paese di Voghiera, circa nove miglia a sud-est di Ferrara. Iniziato nel 1435 sotto Nicolò III, fu non solo una delle più antiche, ma anche una delle più grandi e più elaborate delle celebrate “delizie” degli Estensi. Riguardo a ciò, si veda l’impressionistica e romanzata ricerca di G. Pazzi, Le Delizie estensi e l’Ariosto (Pescara 1933). Per Belriguardo si veda anche un corto articolo di M. Magoni Rivani, “Il passato e il presente a Belriguardo. “Gazzetta Padana” (I Settembre 1960). Nel tardo XV sec. Belriguardo era celebrato come uno dei più splendidi palazzi d’Europa. Sabadino ci dà l’unico racconto dettagliato.
37) – Ettore dal Sacrato, di nobile famiglia Ferrarese, fu Capitano di Giustizia a Modena a Partire dal 1499, sostituendo Francesco di Rinaldo Ariosti. Giovanni Maria trotti fu probabilmente il figlio di uno dei quattro fratelli Trotti, che occuparono alte posizioni nell’amministrazione di Ercole. La famiglia era eminente a Ferrara fin dal XII sec. . Non ho trovato altre menzioni di Rinaldo Catto.
38) – Gli Estensi erano entusiasti pescatori ma il principale scopo degli stagni a Belriguardo sembra essere stato l’intrattenimento ed il piacere estetico. Una fonte del XVI sec. descrive come il pesce si radunava, per essere nutrito, al suono di una campana. Per la posizione di questo lungo stagno (?) vedi la pianta di Belriguardo.
39) – Questa strada esiste ancora, esattamente come è qui descritta.
40) – L’entrata a quattro colonne al grande cancello di Belriguardo, con le sue insegne ducali, è scomparsa. In ogni caso, la torre, coronata con lo stemma degli Este in marmo, c’è ancora. Tuttavia c’è un tale rischio di imminente collasso che questa entrata è stata chiusa e si entra nel grande cortile attraverso una piccola arcata a sinistra dell’entrata principale. A giudicare dall’evidenza olfattiva le stanze accanto sono attualmente usate come fienile.
41) – I restanti spazi interni di Belriguardo sono stati per secoli abitati dagli agricoltori locali e dai loro animali domestici. Una maestra del luogo possiede due stanze che sono disabitate e tenute d’occhio. Una di queste può essere identificata nella descrizione di Sabadino mentre l’altra ha tracce di affreschi del XVI sec.
42) – Belriguardo era un centro direzionale completo del governo ducale, non semplicemente un’abitazione di campagna, e c’era ampio spazio a disposizione per gli uffici. E’ interessante osservare che sia a Ferrara che a Belriguardo, le stanze della cancelleria erano vicine all’entrata principale. Questo sembrerebbe essere un esempio di una pianificazione curtense perfettamente razionale.
43) – Queste stupende finestre gotiche sul lato del cortile opposto all’entrata principale sono ancora visibili in vario stato di decadimento. Il passaggio archivoltato centrale, che ora è pericolosamente indebolito, una volta permetteva di raggiungere un altro grande cortile del quale esiste ancora solo una piccola parte dei lati. Ora aperti campi coltivati coprono la maggior parte di quest’area, che includeva non solamente l’area residenziale centrale del palazzo, con un immenso piano nobile, ma anche un vastissimo giardino all’italiana (geometrico, regolare). L’area in discussione è lo “splendidissimo claustro” della frase seguente.
44) – Uno di questi due scaloni marmorei è rimasto, e ci conduce ad un’immensa sala completamente rivestita in legno (con una pesante armatura di legno ?) e debolmente illuminata dal terzo superiore delle tre finestre gotiche a lato del portale centrale. Sull’altro lato il piano nobile non esiste più. Questa bella scalinata oggi dà accesso ad un altro appartamento di contadini, ma sembrerebbe che nelle età passate avesse condotto ad alcune delle stanze che seguono nella descrizione di Sabadino.
45) – Non è chiaro quale cortile viene descritto qui. Forse si tratta del secondo cortile del quale abbiamo già parlato. Più probabilmente, penso che potrebbe essere un cortile molto grande fuori a destra del primo cortile, una zona che poteva essere raggiunta sia attraverso un piccolo passaggio voltato al centro della fila di stanze lungo il muro destro o attraverso le porte che si aprivano dalle singole stanze. La forma di questa vasta area è tutt’oggi preservata dai resti sgretolati (crollati?) di un muro in mattoni che includono un piccolo arco. Lo spazio interno stesso, una volta giardino all’italiana, è oggi terra coltivata.
46) – Questa è la prima stanza affrescata della quale Sabadino fornisce un’utile descrizione. La sua decorazione consiste apparentemente di elementi sia Borsiani che Erculei. Misurando approssimativamente 40 per 60 piedi, era decorata con ritratti di “uomini sapienti”. Nonostante la precedente affermazione di Sabadino (nel libro I), che la sapienza era una caratteristica solamente dei cristiani, è evidente che questi personaggi erano antichi filosofi morali mostrati con alcune delle loro sentenze sotto forma di iscrizione, e sistemati sopra l’antico (?) Ercole, lui stesso certamente figura moralmente dignificativa. La stanza, con soffitto decorato con tutte le imprese di Borso, aveva un muro elegantemente inscritto a commemorazione di una visita da parte di Ludovico Sforza e Giovanni II Bentivoglio nel 1493.
47) – In questa sezione privata del palazzo piena di stanze segrete e giardini, noi giungemmo a “delle stanze segrete egregiamente realizzate, che sembrano devoti oracoli”. Il significato di questo, come di molti altri passaggi di quest’opera è problematico. Ma sembra che queste stanze potrebbero essere oraculi, nel senso di luoghi di preghiera, quindi, forse, una cappella. Non si può essere sicuri. Ma se fosse questo il caso, abbiamo qui un riferimento alle decorazioni di Tura fatte per Borso d’Este tra il 1469 e il 1472, la cui mancanza di una specifica menzione è di per se stesso sconcertante.
48) – Non rimane nulla di questo nobile scalone che suona piuttosto identico al salone coperto nel Castel Vecchio di Ferrara, e neppure rimane alcunché dei posti a cui conduceva.
49) – Sabadino descrive un’elegante ed apparentemente piuttosto stilizzata scena di corte. Il riferimento alle lettere romane serve forse a ricordare una delle possibili influenze del Mantegna nella pittura di corte a Ferrara durante questo periodo. La presenza in questa ed in molte altre stanze, di grandi caminetti di pietra, descritti invariabilmente con termini come “magnifico” e “pomposo”, dovrebbe essere notata.
50) – La stanza della Sibilla è una delle poche stanze qui menzionate che già si sapeva essere esistita, nonostante qualcuno l’avesse collocata a Belfiore. Questa stanza viene sorvolata in modo molto superficiale anche se (come la cappella di Tura che Sabadino non ha mai menzionato direttamente) deve essere stata molto bella. Il fatto che questa stanza fosse stata dipinta da Nicolò da Panigato, durante il regno di Leonello, probabilmente spiega la brevità di Sabadino su questo argomento.
51) – Ercole è qui mostrato con i principali membri della sua corte. Non si può stabilire con sicurezza la data, ma questo lavoro sembrerebbe essere stato fatto prima dell’ottobre del 1495, quando Jacopo Trotti morì durante una delle sue missioni da ambasciatore a Milano. La scena qui descritta contiene come minimo delle rassomiglianze tematiche con la scena equestre di Borso e dei suoi cortigiani nel pannello più in basso, nel Marzo degli affreschi di P. Schifanoia.
52) – Attigua alla stanza nella quale Ercole e i suoi cortigiani sono dipinti a cavallo, c’è un’altra stanza, nella quale un gruppo simile è ritratto in modo più formale, in una cornice più raffinata. Ercole appare con tutte le decorazioni ed insegne ducali; indossa la “biretta” che era un simbolo della sua carica e dell’Ordine della Giarrettiera, ricevuta nel 1481 da Edoardo IV. Questo è l’unico ritratto di Ercole che io conosca nel quale egli appare con la giarrettiera.
53) – Questa ampia ed elegante sala, con i suoi caminetti decorati e le sue 6 finestre era il luogo dei grandi affreschi di Psyche, qui interamente descritti per la prima volta. La loro esistenza doveva di certo essere abbastanza ben conosciuta; Tasso vi allude nel suo sonetto “A Belriguardo”. La descrizione che segue, nonostante la sua casuale oscurità, ci dà tutte le indicazioni per ritenere che questo fosse uno dei principali monumenti artistici dell’officina ferrarese.
54) – La frase “come questo” evoca la possibilità che questo fosse una descrizione di Belriguardo stesso, cosa abbastanza plausibile, anche se il palazzo descritto nel locus classicus (Apuleio, Metamorphoses) è persino più grande e meraviglioso.
55) – Per una ricapitolazione delle varie scene, vedi l’introduzione, pp. 21-22.Qui Sabadino chiarisce che l’opera, era stata dipinta seguendo gli ordini di Ercole da un bravissimo pittore Ferrarese. E c’è di più di un accenno che servisse come realizzazione visiva del racconto fatto recentemente rivivere in versi italiani da Nicolò da Correggio. Filippo Beroaldo, che potrebbe in teoria essere stato un’altra possibile causa (origine?) di questa allegoria familiare, probabilmente non lo fu. L’iconografia è così vicina al testo di Apuleio che si può riconoscerlo direttamente. E, argomentazione ancor più forte, c’è il fatto che le Metamorphoses erano state tradotte in italiano da Matteo Maria Boiardo.
56) – Questa era ovviamente la più ampia e grandiosa delle molte stanze di Belriguardo, usata per le funzioni cerimoniali più grandi (triumphi) della corte. Per altro la sua decorazione sembra essere stata relativamente non degna di nota.
57) – Qui Sabadino ammette l’impossibilità di una descrizione completa, e semplicemente prova ad evocare alcune delle caratteristiche generali del luogo.
58) – Questi quartieri per lo staff residenziale permanente erano sul lato sinistro del palazzo, guardando l’entrata. Le stalle, per varie centinaia di cavalli, erano dietro a poca distanza. A giudicare dalla pianta nell’archivio di stato di Modena, (ASM,ASE, Camera, Mappe e disegni, Fabbriche, 91, 7), l’immagine di Sabadino di 500 cavalli sembra un po’ esagerata.
59) – Sabadino conclude la sua visita a Belriguardo con una rapida descrizione dei dintorni e con una panoramica dell’intero luogo. Rimase impressionato dalla fertile bellezza della terra coltivata fuori dalle mura, e dallo splendido terreno di caccia. Ammira la perfetta piattezza del territorio e la linearità delle strade. Si diletta nella gaiezza e nei colori della magnifica dimora, con i suoi muri dai mattoni dipinti di bianco e la merlatura rossa, e, soprattutto, la sua mirabile taglia. Per tutte queste ragioni, Belriguardo è diventata una sorta di incredibile meraviglia, ammirata in tutto in mondo.
60) – La frase “crescenti populi” non solo conferma le nostre stime sulla crescita della popolazione nel tardo quattrocento a Ferrara (e nel nord Italia in generale) ma indica anche la consapevolezza che i contemporanei avevano di questo fenomeno. L’Addizione Erculea è, di certo, la più eloquente testimonianza del bisogno che la città aveva di nuovi spazi per alloggiare la popolazione crescente; e Burckhardt sottolinea che, nonostante l’addizione, non c’erano stanze da affittare a Ferrara intorno alla fine del secolo.